domenica 7 marzo 2010

Rolando Rambaldo (di M.Antonietta-Fiordistella)

Quand’ero piccola, avevo uno zio giovane e simpatico che si chiamava Rolando Rambaldo. Giocava molto con me, mi portava a passeggio e mi insegnò a non aver paura ad andare a cavallo. Anche ora ho uno zio, sempre lo stesso, anzianotto e brontolone, che continua a chiamarsi Rolando Rambaldo In genere, nelle famiglie, si tramandano i nomi bislacchi per non perdere la buona abitudine di creare qualche disagio educativo e formativo ai giovani virgulti: le difficoltà temprano, e chiamarsi in modo strambo irrobustisce lo spirito. Mio zio, infatti, è sempre stato molto robusto. Fu mio nonno ad imporgli il nome, nonostante la nonna lo avesse minacciato di arsenico nei maccheroni.Accadde forse per riguardo verso qualche antenato meritevole? O in odore di santità? O simpaticamente smandrappato? No.




Fu in ricordo di un cavallo.

Di un cavallo che fu inseparabile compagno del nonno, sottufficiale di cavalleria nella prima guerra mondiale.Di un cavallo che fu protagonista della conquista di Gorizia e della difesa della linea del Piave. Di un cavallo che fu sacrificato dal nonno, nel momento di massima diffusione della spagnola fra i suoi soldati, per dare ad ognuno di loro qualche scodella di brodo che ne alleviasse le sofferenze. Il nonno e il suo cavallo salvarono non poche vite umane.Il nonno non dimenticò mai il suo cavallo e, dopo aver onorato il padre e il suocero imponendo al primo figlio maschio, mio padre, i loro rispettivi nomi, onorò il suo cavallo imponendone il nome al secondogenito maschio, ad imperitura memoria.

Mio zio, comunque, si è sempre fatto chiamare Rol.

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